Furtivo come un ladro, violento come un
Furtivo come un ladro, violento come un assassino, omertoso come un mafioso, uscii alle prime ore del mattino per farmi una passeggiata, la più stigmatizzata delle attività. Avevo lasciato Lui a casa e questo mi bastava per sentirmi al sicuro qualora fossero passati, fisicamente o virtualmente, a controllare che io fossi in casa e non a zonzo. Da qualche parte oltre il mio orizzonte degli eventi il sole si preparava ad affacciarsi, ancora con troppa incertezza affinché potessi rendermene conto e distinguere i colori; ma i miei occhi durante la quarantena si erano abituati a fare a meno di troppa luce solare e riuscivo a camminare con una certa dimestichezza lungo quei muri ora proibiti. Il silenzio era il più ostile nemico dei miei passi, attuti in qualche modo dall’erba che aveva preso a crescere fra gli interstizi dell’asfalto, lungo i marciapiedi, fra una mattonella e l’altra e nelle loro crepe, sopra i copertoni delle auto inutilizzate su cui le piogge avevano lasciato che il fango