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Proposero un giorno una cura che sembrava

Proposero un giorno una cura che sembrava efficace. C’erano stati numerosi tentativi in questo senso, un processo di affinamento clinico che si era aperto al massimo numeri di sperimentazioni e in violazione del numero massimo di protocolli, ognuno di questi prima contestato, poi promettente, poi completamente inutile. La svolta era arrivata né dalla medicina clinica, né dalle analisi epidemiologiche, terreno troppo minato e diviso in scuole rivali per poter giungere a un riconosciuto primato delle cure: chiunque temeva così tanto di fallire che se anche avesse finalmente individuato la panacea, avrebbe preferito tenerla nascosta piuttosto che percorrere quel ponte. La svolta era perciò stata raggiunta da una disciplina più distante e onnicomprensiva che durante l’emergenza sanitaria aveva perso il suo trono di regina delle scienze perché troppo distante dai problemi dell’immediato, la svolta era arrivata dalla fisica teorica e da un ambizioso gruppo di ricercatori delle isole dell’ami

Il governo tese sempre più a liquefarsi, mollava

Il governo tese sempre più a liquefarsi, mollava il timone perché la rotta era perfettamente tracciata. Nelle prime settimane i discorsi alla nazione del capo del Governo avevano accompagnato ogni nostra sera, quella voce rassicurante, quel sorriso cordiale, avevano costruito una quotidianità alla quale pure io mi ero abituato. A tenerci vicini a quella faccia era la paura primordiale e la conseguente necessità che qualcuno ci rassicurasse, ma anche una perversa curiosità per l’ignoto e quanto ancora la nostra vita si sarebbe modificata, come i livelli successivi di un videogioco. Per le prime settimane, forse anche per dei mesi, questo era quanti bastava per farci tirare avanti, però già prima della grande discesa per le strade l’umore pubblico andava indebolendosi; le novità non erano mai positive e le si attendeva con nessuna curiosità e con un deciso senso di costernazione. Il governo lo intuiva, oppure lo vedeva direttamente grazie alla sua rete di sorveglianza, e il presidente co

Furtivo come un ladro, violento come un

Furtivo come un ladro, violento come un assassino, omertoso come un mafioso, uscii alle prime ore del mattino per farmi una passeggiata, la più stigmatizzata delle attività. Avevo lasciato Lui a casa e questo mi bastava per sentirmi al sicuro qualora fossero passati, fisicamente o virtualmente, a controllare che io fossi in casa e non a zonzo. Da qualche parte oltre il mio orizzonte degli eventi il sole si preparava ad affacciarsi, ancora con troppa incertezza affinché potessi rendermene conto e distinguere i colori; ma i miei occhi durante la quarantena si erano abituati a fare a meno di troppa luce solare e riuscivo a camminare con una certa dimestichezza lungo quei muri ora proibiti. Il silenzio era il più ostile nemico dei miei passi, attuti in qualche modo dall’erba che aveva preso a crescere fra gli interstizi dell’asfalto, lungo i marciapiedi, fra una mattonella e l’altra e nelle loro crepe, sopra i copertoni delle auto inutilizzate su cui le piogge avevano lasciato che il fango

Durante il talkshow notturno, il professor

Durante il talkshow notturno, il professor Terrazze, habitué dei salotti informati della quarantena mostrava il grafico che, grazie alla fatica del suo modello computerizzato, stimava la data di quando avremmo raggiunto Il Picco, il momento massimo dell’epidemia, prima della discesa e del graduale quanto agognato ritorno alla normalità. Come vedete, calcolati i numeri di oggi, Il Picco si sposta ancora una volta in avanti di cinque giorni. Interessante, professor Terrazze, commentò il presentatore. Cinque giorni fa quale era stata la sua previsione? Uno spostamento in avanti di cinque giorni. Interessantissimo. E dieci giorni fa? Uno spostamento in avanti di cinque giorni. Davvero, davvero interessante. Come lo commenta? Purtroppo finché i dati restano questi, l’andamento dell’epidemia non sembra volersi adattare al modello. Facciamo una fatica matta a prevedere Il Picco quindi? No, lo previediamo benissimo, come mostra il mio modello. Però si sposta. Perché facciamo fatica

Lui continuava a guardarmi

Lui continuava a guardarmi; nei suoi occhi non c’era alcuna paura e nei miei non c’era alcuno stupore. Stava lì, poggiato con la schiena sullo stipite e non faceva altro che guardarmi, come guardi una persona che conosci, come se entrambi ci aspettassimo che fosse lì e che non potesse trovarsi da nessuna altra parte del mondo. Aveva ragione: lo aspettavo da mesi, forse da tutta la vita. Vieni, fatti avanti, gli dicevano i miei occhi; vieni, fatti avanti mi invitava Lui. Penso che il peggio sia passato, disse. Non sento più nessuna voce, gli risposi. Non c’è più nessuno, possiamo stare tranquilli. E se qualcuno ci avesse seguito? Non ci ha seguito nessuno; hanno ottenuto ciò che volevano e ora finalmente siamo a casa. Non vogliono nient’altro da noi. Perché i manganelli allora? Perché sono arrabbiati. Per cosa? Perché non siamo morti. Non ti seguo. Se fossimo già morti non dovrebbero fare tutti questi sforzi per tenerci in vita. Posso offrirti qualcosa adesso? Hai dell’acqu

Il mondo non finì con un lamento, ma con un botto

Il mondo non finì con un lamento, ma con un botto fragoroso. La chiusura dei supermercati  era stata accompagnata dalla consegna a domicilio, palazzo per palazzo, di un pacco settimanale di beni di consumo e primaria necessità. Il pacco, un parallelepipedo di cartone di un paio di chili avvolto in una busta arancione con le indicazioni di pericolo biologico veniva recapitato da un drone paffuto fuori dai portoni dei palazzi assieme all’annuncio dell’ordine con cui gli inquilini sarebbero dovuti scendere a recuperare il proprio. In aperta violazione del nuovo regolamento condominiale scesi a prendere il mio, lo trascinai su per le scale e dopo averlo scartato dalla sua busta, che sarebbe servita a riporci dentro i rifiuti qualora non fosse stato possibile bruciarli in balcone perché sprovvisti o di fuoco o di balcone, cominciai a esaminarlo. Mi ero già convinto che lo scopo di buona parte dei provvedimenti non fosse tanto combattere il Virus, ma educarci a una vita più modesta e di feli

La febbre del regolamento costrittivo

La febbre del regolamento costrittivo aveva infettato anche gli amministratori di condominio, l’ultimo gradino della politica dei cerchi concentrici. Prima venne il governo centrale e furono allora i presidenti delle regioni taliane a manovrare quelle poche leve che avevano a portata di mano per far vedere il loro alacre attivismo e senso del dovere: lo avevano chiamato del ‘sano fine-tuning autonomo’. Il cerchio più grande vedeva il quadro di insieme, non i dettagli, spettava allora agli amministratori dei cerchi regolare in maniera più accorta le vite dei taliani per spezzare le reni del contagio. Dentro il cerchio grande, tanti cerchi piccoli, e ogni cerchio piccolo un nuovo cerchio grande e dentro ognuno di questi nuovi cerchi piccoli. Nazioni regioni province aree metropolitane comuni quartieri rioni: cerchi di cerchi, cerchi su cerchi, cattivi infiniti, infiniti crudeli. Ogni cerchio con il suo re e il suo sceriffo, più efficace del suo superiore perché migliore conoscitore della